23 aprile 2008

Great Ocean Road


Glenelg.


Pioneers.


Al museo degli squali.

Per me era la seconda volta ad Adelaide. Ma sembrava tutta un'altra citta'. A giugno era deserta e fredda, a fine novembre quando siamo arrivati tutto l'opposto.
Si cominciava a respirare gia' l'aria natalizia. Alberi di Natale e addobbi ovunque. Con una piccola differenza, a casa mia a fine novembre vesto gia' guanti e sciarpa, lì invece me ne andavo in giro in pantaloncini! Strano Natale... non lo sentivo per niente...
Rimasimo li quattro giorni, ospitati dalla mia carissima amica Valeria che avevamo lasciato a Cairns. Se la passava proprio bene, bella casa dove ero gia' stata a giugno ad un party, bella camera da letto che divento' quindi il nostro accampamento.
Volo' via anche il soggiorno ad Adelaide tra giretti in centro dove il Karma cominciava a rivoltarsi contro di me, partite a beach volley al tramonto sulla lunghissima spiaggia di Glenelg, serate, e soprattutto il tour nella Barossa Valley tra vinerie e degustazioni. Finalmente un buon vino... Ci voleva proprio.
All' inizio ero un po' spaesata... la citta', paesaggio tutto verde, la spiaggia, i locali... avrei quasi voluto tornarmene nel deserto ancora per un po' lontano dal casino, dal traffico, dalla gente... ma purtroppo quel tipo di viaggio era finito, e neanche me n' ero accorta. Giuro che mi dispiaceva un sacco... e credo che ogniuno di noi in fondo ci abbia fatto un pensierino, inversione a U e via dal caos... di nuovo.


Glenelg.









Ripartimmo. Ancora. Ma questa volta eravamo in meno. Magnetic, proprio lui che aveva sofferto e sopportato con me ogni tipo di attacco e coalizione contro di me dai due carissimi proprietari di Susie Lee, mi lascio'. Senza spiegazioni. Have fun Magnetic!

...Ancora in strada... verso la Great Ocean Road considerata una delle strade panoramiche piu' bella al mondo. Gia' a giugno l' avevo trovato stupenda, ma stessa situazione di Adelaide, era freddo, tempo brutto, pioveva spesso e poi il viaggio organizzato era un po una palla e la guida non ne parliamo. Questa volta invece c'era un gran bel sole e i colori erano molto piu' vivi, le soste le decidevamo noi, piu' che altro loro pero' menomale che a organizzare sono fantastici. Su quello non ci si puo' proprio lamentare!
Arrivammo la sera tardi, non sapevamo dove andare a dormire. Dopo tanto girare e rigirare decidemmo di dormire in macchina nel parcheggio dei 12 apostles, così per essere gia' li la mattina e vederli all' alba. E proprio in quel maledetto parcheggio mi ricordero' sempre il mio volo, che nessuno vide per fortuna ma mi sono fatta un male allucinante, sono caduta dalla passerella facendo tipo 2m di dislivello e atterrando con la schiena sulle pietre. Non dico altro, perchè neanche io so come possa essere successo... se se...!
Ci svegliammo si all' alba ma con un energico bussare sul finestrino da parte del guardiano che ci invitava, anzi obbligava ad andare via in velocita' e accennava a multe pesantissime... ok ok let us have a look before please...
Passammo la giornata in quel tratto di Great Ocean Road che per me è il piu' bello in assoluto. Alluncinante quello che puo' fare l' effetto della corrosione di vento e mare sulle roccie... li è riuscita a creare veri e propri "disegni" tipo il London Bridge e i 12 Apostles.
A giugno l'avevo visitata proprio tutta compresi i paesini che si trovano percorrendola, villaggi di pescatori e localita' balneari per lo piu' ma anche parchi nazionali e rainforest piu' all' interno.


12 apostles. Novembre.


12 apostles. Giugno.


The heavy step between the walls.


London Bridge. Novembre.


I nostri uomini.


Bells beach. Giugno.


On the rimbow. Giugno.


Cape Otway. The beginning. Or the End.

Il punto piu' a sud è chiamato Cape Otway con il faro piu' antico d'Australia.
Bellissimo veramente.


Cape Otway. The lighthause.



"Il vento di Cape Otway stacca via all’improvviso, come una scaglia secca, la malinconia del mare e fa venir voglia di correre a braccia aperte, sul bordo del dirupo…Cape Otway è una speci di rifugio, una Big Sur australiana a metà di una strada fantastica, affacciata sul Southern Ocean Bass Strait e animata da miti ruggenti come cavalloni: Great Ocean Road: onde soffiate dal signore gelido dell’Atlantico, venti che scompigliano capelli e pensieri


(Enrico Fumagalli)

22 aprile 2008

Red Centre



Uluru.
Mi ricordo mia mamma quando al telefono mi chiese:"ma bisogna andare fin in mezzo al deserto per vedere solo una montagna?". E io:"è si, lo so, non mi ispira neanche tantissimo...pero'...". Ero un po' scettica devo dir la verita', cosa sara' mai questa montagna in mezzo al deserto. Bo... pensavo... che ragionamenti di merda ragazzi...
E' stata una delle cose che mi è piaciuta di piu' in tutto il viaggio...
Come al solito quando non mi aspetto niente ecco che arriva...
Siamo arrivati a Uluru una tarda mattina, mi ricordo che stranamente guidavo io... da non crederci... dopo tutto quel viaggiare senza il niente piu' assoluto intorno mi si presenta davanti questa roccia rossa, enorme, levigata.
Uluru.
Il monolite.
Simbolo australiano. L'icona.
Rimasi senza parole, giuro.
Non me l'aspettavo cosi grande.
Mi emozionai.
E cosi ogniuno di noi.

Nei due giorni seguenti la ammirammo in lungo e in largo. Al tramonto, all'alba.
Essere ai suoi piedi e guardarla da tutte le angolazioni trasmetteva qualcosa... qualcosa di strano.
Quando il sole scendeva e illuminava il cielo delle piu svariate sfumature anche lei prendeva vita, si colorava di un rosso incredibile al tramonto per poi svanire sempre di piu' fino a restare un enorme ombra al buio, e alla luce della luna e le stelle.
Non avevo mai visto un cielo così limpido di notte se non qualche volta in montagna, ma le montagne chiudono lo scenario... li c'era solo l'orizzonte.
Ricordo che stavamo tutti in silenzio ad ammirarla.
Non c'erano parole. Non in quel momento.

E' luogo sacro per gli aborigeni.
Il popolo degli Anangu possiede le terre di Uluru e Kata Tjuta.
Possiamo dire l'equivalente di S. Pietro per i cattolici e della Mecca per gli islamici.
Immaginate di vedere turisti con corde e catene scalare S. Pietro. Neanche pensarci.
La via verso la vetta corrisponde al percorso sacro fatto dai Mala in occasione di importanti cerimonie. Percio' chiedono ai turisti di non scalare il monolite rispettando così le loro tradizioni. Ai suoi piedi un cartello: "Please don't climb Uluru".
Si dice anche che eventuali disgrazie durante la camminata scaglierebbero sulla loro tribu' diversi anni di sfortuna.
Non vogliono mercificare il loro territorio per il turismo di massa dell'uomo bianco e chiedono che Uluru ritorni ad essere luogo sacro. Ma sacro veramente.
La scalata è molto spesso chiusa a casa del forte vento. E cosi lo è stata per i giorni del nostro soggiorno a Ayers Rock. Ma eravamo disposti a salire sulla cima...
La superficie, che da lontano appare quasi completamente liscia e levigata, rivela invece molte pozze, sorgenti, caverne e anche dei dipinti.
"Secondo il mito, Tatji, la Lucertola Rossa, che abitava nelle pianure, giunse a to Uluru. Lanciò il suo kali (boomerang), che si piantò nella roccia. Tatji scavò la terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi rotondi sulla superficie della roccia. Questa parte della storia è volta a spiegare alcuni insoliti fenomeni di corrosione sulla superficie di Uluru. Non essendo riuscito a trovare il suo kali, Tatji morì in una caverna; i grossi macigni che vi si trovano oggi sono i resti del suo corpo."
















Effetto polarizzato.


Susie Lee.




Uluru. A 35km di distanza.

A circa 30km di distanza si alzavano i Monti Olgas.







Salutammo Uluru al tramonto. Mentre ci allontanavamo nessuno parlo'.
Io non so perche' guardandomi indietro espressi un desiderio.




Road Train.

Davanti a noi ancora deserto.
Durante le giornate in viaggio incontravamo diversi Road Train. Capaci di raggiungere i 55m di lunghezza. E viaggiano veloce.
Quando lo si vede arrivare dietro di te è meglio accostare e lasciarli passare.
Stessa cosa se viaggiano dalla parte opposta. Provocano un onda d' urto mica da poco.


Segnali di simpatia tra le due vetture.

Il giorno dopo arrivammo a Coober Pedy. La zona forse piu' arida di tutto il Red Centre.
Famoso per le pietre opali che abbiamo disperatamente cercato di trovare...per le cave e le abitazioni scavate nella roccia. E ci credo. Facava un caldo incredibile. Ma molto piu' secco. Eravamo infatti entrati nel South Australia. A soli 850 km da Adelaide.
L' avventura nel deserto stava per finire...
Come ultima serata nel deserto non poteva essere meglio.
Partimmo verso le 5 di pomeriggio dalla piccola cittadina.
Come tutti i giorni attendevo il tramonto, momento della giornata che mi preferisco.
Era l' ennesimo bellissimo sunrise. Ma dalla parte opposta piu' scendeva il sole piu' saliva la luna piu' grande e luminosa che abbia mai visto. Mi ricordo che ci sono rimasta malissimo. Era una palla bianca enorme... Bellissimo.







to Alice Springs

Susie Lee: un isola felice per la maggior parte del tempo ma a tratti un bunker senza via d'uscita. Al suo interno i due proprietari Denis e Riccardo e l'ospite: io. Ma non solo, c'era una quarta piacevole presenza: Magnetic.
Naturalmente io non avevo alcun potere decisonale riguardo itinerari o altro. Cosa che non mi dispiaceva affatto, potevo così godermi il viaggio senza particolari pensieri e/o preoccupazioni. Ma venivo poi spesso accusata di scarso interessamento...anche dopo ripetuti tentativi di attivarmi a riguardo sempre smorzati alla velocita' della luce dai miei compagni...
Volavano grandi discorsi, di cui io raramente prendevo parte, musica a manetta ad ogni ora del giorno e della notte e un gioco ricorrente: la caccia al tesoro. Ovvero la costante ricerca di ogni tipo d'oggetto finito chissa' come nei luoghi piu' nascosti della nostra vettura che continuava a macinare km non curante del sovraccarico, delle alte temperature e lunghe distanze giornaliere da percorrere...
La fiammeggiante carrozza di Mr Shin invece manifesto' nel corso del viaggio diversi problemini...


Magnetic.

Ci lasciammo l' afosa Darwin alle spalle diretti al Kakadu National Park come prima destinazione.
Lì, ci lasciammo trasportare sulle acque del South Alligator River ammirando flora e fauna. Coccodrilli che si muovevano lentamente lungo il corso, altri che se ne stavano sulla riva. Sembrano quasi pacifici. Appunto, sembrano.
Alla sera ci trovammo nel bel mezzo di una tempesta tropicale. Restammo in macchina a goderci lo spettacolo.
Fulmini, tuoni e lampi che illuminavano a scatti quel che ci stava intorno. Bellissimo.
Ed eravamo anche in buona compagnia...


Alle porte del Kakadu National Park.


South Alligator River.


Croco croco.


Slowly.






La quiete prima della tempesta.

Sempre piu' verso il cuore dell' Australia.
Sempre piu' in mezzo al deserto.
Sempre piu' affascinati da questo continente.
Dalle terre degli aborigeni.
Da quello che offrono.
Gli scenari intorno a noi avevano dell' incredibile...


Alice Springs.




Mc Donnell Rangers.




Karl Karlu. Uova del serpente arcobaleno.

Il tempo correva veloce. Troppo.
Alla sera il "discorso campeggiare" si presentava puntuale.
Ogni tanto riuscivamo ad infilarci in qualche campeggio nei pochi "paesini" che incontravamo.
Quando andava bene potevamo piazzare le tende nelle zone di sosta.
Quando andava male si dormiva in macchina.
C'era a chi piaceva dormire sulle panchine e alla mattina svegliarsi con l'alba.
Un dolce risveglio.




L'alba nel deserto.

KINGS CANYON.
Una passeggiata di 9 km che non dimentichero' mai.
Ogniuno la fece a modo suo.
C'eravamo solo noi lassu'.