23 ottobre 2009

SUD EST ASIATICO



Un viaggio durato poco più di un mese dove ho attraversato cinque stati, alcuni visitati bene e altri meno. Un viaggio che ho cercato di fare soprattutto con mezzi pubblici, allungando di parecchio le distanze ma in modo da godermelo di più. La stanchezza degli spostamenti si faceva spesso sentire ma col senno di poi ho capito che non potevo fare meglio. Un conto è attraversare la Thailandia con l’aereo e dire di esserci stato un conto è attraversarla con treni, autobus, battelli e motorini e capire di averla vissuta. Con spesso la difficoltà di capirsi con la gente locale che non parla l’inglese, con a volte essere perfino fregati perché loro vedono in noi una fonte di soldi, con le sue complicazioni, i suoi mille pro e i suoi contro è stata un esperienza indimenticabile.
Un full immersion di cultura, di spiritualità. E ora rimane un bellissimo ricordo.

Nord Thailandia. Zone fantastiche. La vera Thailandia. Dove usi, costumi e religione sono ancora intatti. Il turismo c’è ma non rovina ancora. Dove vedere un monaco in meditazione è il quotidiano, non un evento eccezionale.

Birmania. Un permesso di appena sei ore in Birmania è stato sufficiente per accorgersi del subbuglio che c’è e della povertà. E questo appena sul confine con la Thailandia, non oso immaginare all’interno.

Laos. Un esperienza imperdibile. Il senso di isolamento del Laos e dei villaggi è forte. La povertà pure. Ma la bellezza di questo stato sta nella sua semplicità. Fantastico guardarla scendendo piano piano su un battello lungo il Mekong e fermandosi di tanto in tanto nei villaggi.

Sud Thailandia. La bellezza delle sue isole a contrasto con un turismo sempre più potente e con l’andare degli anni distruttivo. Un mix di orientale e occidentale. Il contrasto di chi vuole conoscere e di chi è alla ricerca di divertimento sfrenato e sesso facile.

Malesia. Progresso misto a storia. Da visitare assolutamente.

Indonesia. Bali. Bella, peccato per il sorriso falso del suo popolo e l’insistenza dei commercianti. Un punto a suo favore è sicuramente il cibo, i piatti locali sono buonissimi, una cucina molto differente dal resto dell’Asia.


The Golden Budda. North Thai.

6 ottobre 2009

Bali


Kuta beach

La chiamano terra del sorriso, ma di veri sorrisi in questa terra non so quanti ce ne siano.

Kuta, è il paradiso indiscusso di australiani e inglesi ubriaconi in cerca di serate movimentate e onde mediocri per surfare di giorno. La potrei nominare la Rimini dell’Indonesia. Luogo adatto dove fare shopping a poco prezzo, prendere il sole facendosi fare massaggiare dalle indonesiane, svanire in uno dei mille centri benessere ma soprattutto ubriacarsi in uno dei tanti numerosi locali alla moda. Le vie di Kuta sono piene di negozietti dove il richiamo dei commercianti si fa fastidioso ed insistente ad un tale livello da battere di gran lunga ogni altro posto asiatico che ho visitato.

Menomale che Bali non è solo questo. Ma molto altro, e molto meglio.


Kuta beach.


La nostra fortuna è stata incontrare Subur, indonesiano di Jacarta trapiantato a Bali da molti anni per lavoro. Sposato con una ragazza italiana di Merano. Subur lavora nel commercio di teli da mare handmade a costo quasi zero che poi vende in Italia ad un prezzo molto superiore, ma per noi italiani sempre bassissimo. Una mattina ci portò a vedere la sua azienda. Una piccola casetta dove ci lavorano una decina di persone, bambini compresi. I teli vengono disegnati e colorati a mano e poi lasciati asciugare al sole. Poi ci va la scritta tipo: Rimini, Isola d’Elba,San Benedetto del Tronto dipende dalla zona di destinazione.


Nusa Dua.



Jimbaran.

Subur era un uomo profondamente altruista e diplomatico, forse troppo. Sulle nostre curiosità e infinite domande sul suo popolo non si sbilanciava mai, non dava mai un giudizio e finiva sempre i suoi discorsi con un “Io non mi interesso degli altri, non giudico mai. Guardo solo di fare bene il mio lavoro e di vivere in pace con la gente”. Ci fece da Cicerone per tre giornate e non chiese mai nulla in cambio. Diceva che l’unica cosa importante è essere ospitali e al servizio per la gente e che passare il tempo con noi era solo un piacere, così poteva parlare anche un po di italiano. E per noi fu un doppio piacere, lui ci organizzava le giornate al dettaglio e rispondeva alle nostre mille domande.


Celebrazione religiosa Indù sul lago.


Nusa Dua.



E così abbiamo conosciuto la vera Bali. Abbiamo visto le più belle spiaggie, ovviamente quasi del tutto deserte perché i turisti di Bali cercano lo shopping e il divertimento quindi trovano tutto quello che vogliono a Kuta, perché spostarsi?




Ulu Watu.

Subur ci porto’ al nord facendoci visitare i mercati della gente locale e i loro villaggi sperduti tra le risaie. Andammo anche in diversi templi, induisti e musulmani. Spiaggie bellissime con sabbia bianca e una con la sabbia nera, che non avevo mai visto prima. E ci porto’ anche alle terme. Appena sentito la parola terme io e Viola pensavamo a chissa’ quale stupendo posto con acqua cristallina e magari ferruginosa… e invece… ahahaha che ridere. Lasciammo la macchina in un piccolo parcheggio e proseguimmo per cinque minuti a piedi tra un fitta e vedissima vegetazione tropicale. Ed eccoci arrivati alle terme! Due piscine stra piene di indonesiani che ci guardavano fisse fisse visto che eravamo le uniche turiste bianche… l’acqua era tra il verde e il marrone e l’odore era fortissimo! Ovviamente ci siamo buttate lo stesso e siamo state in ammollo per un paio di ore!



Black beach. North Bali.

Amazing sunset.

Bali ha molto di più da offrire che discoteche, negozi e massaggi. Rimane sull isola una parte che se ne lava le mani del turismo a stampo occidentale e cerca di restare la Bali di un tempo, solo natura incontaminata. E’ proprio vero che troppi soldi rovinano, non solo le persone ma anche i luoghi costretti a modernizzarsi per restare al passo. Hotel sempre più belli e sempre più nuovi, discoteche sempre più grandi. E i soldi corrompono pure, a Bali. Subur ci disse che la polizia di li è la più corrotta dell Asia. Una sera andavamo in giro con un amico, in tre sul motorino, ovviamente senza casco ma li la cosa è abbastanza normale. Ci fermò la polizia intenzionata a multarci, è bastata una banconota e via senza multa ancora in tre sul motorino per le strade di Kuta.

La danza delle scimmie al tramonto. Ulu Watu.


Non so perché poi viene chiamata terra del sorriso, forse perché lo era un tempo. I Balinesi di Kuta ti sorridono certo, ma solo perché ti vogliono vendere un qualcosa e se te non compri il sorriso svanisce in una smorfia, puo’ darsi pure che ti insultino… in più sono pure disonesti. Una sera io e Viola siamo andate nella parte di Legian a fare un giro per negozi. Li lo shopping è molto migliore che a Kuta infatti anche più costoso. Entro in un negozio, faccio un giro e decido di comprare una maglietta. Vado alla cassa e la signorina con un gesto goffo nasconde il cartellino e mi dice con estrema disinvoltura il prezzo, tre volte più alto! Gli chiedo di farmi vedere il cartellino che ha appena nascosto, lei mi insulta nella sua lingua prende i soldi e mi lancia la maglietta chiedendomi non proprio gentilmente di andarmene! Questo è solo un caso, ma non è l’unico!

Per fortuna che c era Subur che ci portava nei posti della vera Bali. Che ne coservano ancora gli usi e i costumi, e il sorriso, quello vero!

12 giugno 2009

Malaysia

Ed in Malaysia si ci siamo arrivate dopo un lungo ed estenuante viaggio. Tra taxi, motorini, bus, pullman.
E siamo pure state fregate. Dopo il primo taxi ci hanno portato in motorino in un agenzia piccolissima dove hanno controllato i documenti e la signora ci ha detto che era indispensabile entrare in Malaysia con banconote locali. Il che era alquanto strano ma noi ingenue e soprattutto talmente esauste per renderci conto ci abbiamo creduto cambiando proprio nella stessa agenzia dei soldi. Arrivate in Malaysia abbiamo collegato che la cara signora, che inizialmente sembrava così carina e gentile da tutelarci, ci ha fregato con il cambio intascandosi una bella cifra.

Kuala Lampur. La capitale della Malaysia. L’abbiamo vista per la prima volta alle cinque di mattina.
Dopo tredici ore di viaggio siamo state scaricate in una stazione del pullman, ad un’ora da KL. Scaricate nel vero senso della parola.
Viaggiando con i mezzi pubblici, solitamente evitati dai turisti ma usati solo dai backpackers, non si sa mai come andrà a finire. Puoi trovare gente per bene che per lo meno risponde alle tue domande quando hai bisogno di informazioni oppure puoi trovare gente che ti disprezza perché sei occidentale e di darti una mano non ha la benché minima intenzione. Io e Viola ne abbiamo incontrati diversi così.
Ad ogni modo siamo state scaricate in questa stazione, senza nessuna direttiva. Ci dicono di aspettare, ma non sanno dirci quanto tempo e i due signori al centro d’infomazioni sembravano molto divertiti a vederci distrutte imprecare perché passavano almeno cinque autobus all’ora diretti a KL ma nessuno di quelli, a quanto dicevano, era il nostro. Verso le due di notte i due signori escono dall’ufficio e chiudendo ci dicono di andare nell’altra parte della stazione, chiedere di un tipo e salire sul suo bus. Ci avevano preso in giro fin dall’inizio insomma. Spero si siano divertiti.
Eravamo di notte in una stazione, due ragazze straniere in mezzo a tutti locali e per lo più maschi che ci guardavano tutti in malo modo. Ho provato la sensazione di essere straniera, nel posto sbagliato e anche un filo di paura. Per fortuna poi siamo salite sull’autobus che in Malaysia sembrano più dei salotti. Le poltrone sono enormi e comodissime e se tiri giù lo schienale e alzi il poggiapiedi sembra di essere sul divano di casa, giuro senza esagerare!
Alle quattro e mezza siamo arrivate finalmente a KL, ma dovevamo ancora cercare l accomodation. Ci fidiamo di un taxista che sembra avere una guest house perfetta per noi. Arriviamo e ovviamente il posto era improponibile, i vaccini che avevamo fatto non erano sufficienti per sopravvivere neanche ad una nottata lì dentro.
Ripartiamo a piedi stavolta e ci troviamo dopo poco a china town in compagnia di ratti enormi che sbucavano da ogni parte, e sempre in loro compagnia troviamo finalmente rifugio.
Pensavo di trovare KL una città asiatica un po’ come tutte le altre. Povera e ricca allo stesso tempo, dove baracche e grattacieli sembrano convivere senza sapere uno l’esistenza dell’altro.
Invece no, il livello era molto più alto di tutte le altre città in asia che avevo visitato. Non c’erano mendicanti malformati in giro per le strade e la gente sembrava star bene economicamente.
I malesiani sono per la maggioranza musulmani ed è molto piacevole incontrare per strada donne avvolte nei loro caftan coloratissimi e pieni di lustrini. Per una volta vedevo quelle donne nel loro ambiente, e le trovavo bellissime.
Un pomeriggio siamo state in visita ad una delle moschee più grandi della città nella zona più verde che offre attrazioni come il parco degli uccelli, delle farfalle e delle orchidee. Tutti posti carini per fare una passeggiata fuori dal traffico, molto più accettabile che a BKK.
Nella moschea ci hanno vestite con una lunga tunica e coperto i capelli con un cappuccio, mi sembrava di soffocare. Una volta dentro abbiamo trovato un simpatico signore che gratuitamente ci ha fatto da guida e ha spiegato in maniera molto semplice i principi dell’Islam e come purtroppo in occidente è mal visto a causa dei gruppi estremisti.
La visita nella città è continuata poi per due giorni interi e sufficienti grazie all efficienza dei trasporti pubblici da una zona all’altra. Sono rimasta molto sorpresa da tutti i centri commerciali che non mi aspettavo assolutamente. Ce ne sono di veramente belli come Pavillon, nella zona che mi è parsa la più ricca forse grazie ai numerosi localini all’aperto.

Ovviamente l’attrazione maggiore della città sono le Petronas Twin Tower, dette anche Menara Petronas per via del nome che porta la società petrolifera che le ha costruite, che dall’alto dei loro 452 metri sembrano vegliare su tutta la città e ne hanno fatto il simbolo del progresso economico della Malaysia. Sono due torri gemelle unite da un ponte a 171 metri di altezza.
Più che dei grattacieli sembrano un monumento di acciaio e vetro che ti lascia a bocca aperta la notte quando si illuminano di una luce bianca inverosimile.
Splendide.


Petronas Twin Tower.


Menara Petronas.



Una giornata l’abbiamo dedicata ad una gitarella a Melaka. Cittadina che porta i segni di tutti i popoli che l hanno posseduta.

“Melaka è uno di quei posti pieno di morti.
E i morti bisbigliano.
Bisbigliano in cinese, portoghese, in olandese, in malese, in inglese. Alcuni bisbigliano anche in italiano e in altre lingue che non si parlano più ma poco importa: le storie che i morti di Malacca raccontano sembrano non interessare più a nessuno.
I cinesi sbarcarono nel 1409 ma non vollero Melacca per sé, solamente la possibilità di abitarci e usufruire del porto ideale come base da muoversi nel sud est asiatico. Portarono cinquecento ragazze da sposare, e l’accordo fu un successo.
Nel 1511 arrivarono i portoghesi, loro da conquistatori. Il sultano si salvò scappando ma il suo palazzo fu raso al suolo e il suo tesoro saccheggiato. Tre delle 18 navi ripartirono cariche del bottino ma colpite da un improvvisa tempesta affondarono poco dopo esser salpate. Giacciono ancora sul fondo melmoso del mare, intatte. Delle riserve d’oro del sultano resta un mistero.
I portoghesi sono stati poi cacciati dagli olandesi e loro a sua volta cacciati temporaneamente dai giapponesi. Tutti partirono lasciandosi dietro monumenti, tombe, ricordi, leggende e tantissimi fantasmi. Melacca è oggi la città più stregata del mondo. Ci sono belle case in cui nessuno vuole abitare, e case in cui non si è mai soli.
Ogni sera tra le rovine della fortezza portoghese la gente vede le sagome di due giovani abbracciarsi, lui un marinaio lei una suora scoperti a far l amore e condannati a morte. Lui decapitato e lei murata viva, ma la passione continua.
Cose strane erano successe nelle fabbriche della Siemens e in altre fabbriche del posto. Nella prima le guardie messe ai cancelli vedevano strani tipi che entravano e uscivano senza registrarsi e ogni volta che qualcuno tentava di fermarli, diventavano come aria e sparivano per ricomparire dopo poco. In un’altra fabbrica di scarpe una donna si era improvvisamente messa a urlare, a strapparsi i vestiti e a correre come una pazza. In un batter d’occhio tutta le donne la imitavano e la fabbrica erano in subbuglio. C’erano voluti tre giorni e il sacrificio di una capra per pacificare gli spiriti e normalizzare la situazione.
Molti missionari passavano per Melaka a riposarsi nel seminario francescano. Il più famoso fra questi uomini di Dio, venuti in asia non con la spada ma con il crocifisso, resta Francesco Saverio, gesuita spagnolo che li fece i suoi primi miracoli. La storia della sua salma non ha niente da invidiare alle storie di superstizione dell’ asia misteriosa. Il cadavere è ancora oggi intatto ma mutilato perché ogniuno per conservare un ricordo gli asportava qualcosa, un dito, un braccio. Nel corso dei secoli sono state mozzate tutte le dita dei piedi tranne l alluce e perfino l orecchio sinistro. Un braccio è a roma, uno a Macao e il resto a Goa dove viene esposto un mese ogni dieci anni. L’unico posto rimasto senza un osso del santo è proprio Melacca e per secoli non è esistita neanche una statua in suo onore poi nel 1953 il vescovo ne ordinò una di marmo e la fece mettere in cima alla collina del porto. Passò un po’ di tempo e una notte, durante un temporale, dall’albero li accanto cadde un ramo che spezzò netto – guarda caso – l’avambraccio destro della statua: proprio quello che era stato amputato alla salma. La statua è ancora così, mutila.
La gente faceva poi attenzione a non mandare i bambini in riva al mare dopo il tramonto perché gli gnomi li rapivano. Nessuno li ha mai visti ma si sa che ci sono perche lasciano dietro di se una scia di profumo. Un giorno un bambino era stato rapito e ritrovato da un bomoh dentro un albero di cocco. La bocca era piena di cacche di gallina, che gli gnomi, non sapendo bene di cosa si cibano gli umani, gli aveva dato da mangiare. “
dal libro UN INDOVINO MI DISSE di TIZIANO TERZANI.

Melaka è una cittadina sul mare non troppo grande ed è interessante vedere che ogni popolo ha lasciato la propria, ben visibile, impronta. Le case e i monumenti del centro di Melacca sono tutti dipinti di rosso. Quando gli inglesi conquistarono la città e distrussero la fortezza e altri grandi monumenti portoghesi, permisero che le costruzioni olandesi restassero in piedi ma fossero dipinte di rosso per distinguerle da quello che dopo avrebbero costruito loro. Questi monumenti ci sono ancora e il centro di melacca si chiama la piazza rossa.

Una cosa che mi aveva fatto un certo effetto era stato il viaggio in autobus da KL a Malacca. Seduta, o meglio dire sdraiata su comodissime poltrone nel vipbus costato credo sui 50centesimi per due ore di tragitto, guardavo fuori dal finestrino in cerca di qualche particolare interessante.
Il paesaggio era sempre lo stesso, colline e colline piene di strane verdissime palme basse ma ogni dieci minuti di tragitto c erano interi paesi di case a schiera uguali identiche tra di loro. Era come se tutta la gente che abitava li fosse un numero, senza un’identità precisa, una preferenza o qualcosa di diverso dagli altri, almeno il colore della casa!!
“Ciao, sono il numero 13. Abito nella casa n°13. Ho tre figli 13b 13c e 13d”.
L’idea mi aveva fatto una grande tristezza.


Tuk tuk floreali in Melaka.

24 marzo 2009

Winter in Trentino




Madonna di Campiglio. Marzo.

Folgarida. Febbraio.
Castel Valer. Rallo. Val di Non.
Iglu. Canazei. Val di Fassa.
Pozza di Fassa. Gennaio.

Moena. Febbraio.

Campiglio. Marzo.
Fai della Paganella. Dicembre.

Marcialonga. Val di Fassa. Gennaio.
Solo qualche fotografia per ricordarvi/mi che anche il freddo e l'inverno hanno il loro fascino.
E quest'anno ne hanno proprio tanto.
Dopo 23 anni un inverno degno di essere chiamato così, freddo e neve.
Neve, tanta per certi versi forse troppa, intorno ai 15/18 metri in Campiglio, 20 in Tonale.
Danni alle case, strade pericolose e valanghe.
Ma davanti ai paesaggi tutto questo si dimentica....

3 febbraio 2009

Le Isole dell'Est

Ko tao, isola a est della Thailandia non era nelle nostri programmi ma il bello di viaggiare sono anche gli imprevisti che a volte rovinano tutto ma spesso sono una fortuna.
Eravamo arrivate a Krabi in tarda serata, paese che non offre nulla al turista ed eravamo felici di dover passare in quel posto cosi sporco ed anonimo solo una notte e mezza giornata. Il giorno dopo dunque abbiamo preso un autobus fino a Surat Thani ed in serata dovevamo prendere un battello diretto a Ko Samui, il biglietto era gia’ stato pagato in una delle tante agenzie di Krabi.
Una cosa che ricordo e che li per li non mi stupì neppure un po erano le agenzie e i negozi in genere a Krabi. In tutta l’Asia funziona piu’ o meno così ma non era stato mai cosi evidente. I piccoli negozietti sono delle case-botteghe per i commercianti. Mentre in altri posti avevo notato letti e altro nel retro, a Krabi invece, era tutto nella stessa stanza. Delle piccole brandine oppure poltrone sono posti tra gli scaffali delle botteghe. Quando andai nell’agenzia a confermare il biglietto non c’era nessuno, almeno nessuno che io potessi vedere… dopo cinque minuti d’ attesa mi misi a fare un po di chiasso in modo che magari qualcuno si accorgesse della mia presenza. Passi pesanti, tosse fortissima ma nulla. Allora cominciai a chiamare: Hiiiiiii! Helloooooooo!! E a quel punto mi spunto’ tutta assonnata da sotto la scrivania la donna con cui avevo parlato la sera prima…stava dormendo spensierata per terra. Le chiesi anche scusa di averla disturbata…:-)
Arrivate a Surat Thani per prendere il nostro battello abbiamo avuto la nostra bella sorpresa… “Stasera non partono imbarcazioni per Ko Samui”. Avevamo deciso di fare il viaggio di notte in modo da risparmiare sul pernottamento in guest hause. “Ma come non partono? Noi abbiamo pagato il biglietto!”.
Ma i thailandesi non danno spiegazioni, soprattutto quelli che hanno a che fare con i turisti, li sono loro che comandano e te lo fanno ben volentieri notare cosa che invece non succede con la gente del nord tutta sorridente e molto disponibile. Ma in questi casi se sei bravo riesci a scendere a compromessi. Con una piccola aggiunta di soldi siamo riuscite a prendere la barca per Ko Tao.
Barca: che parolone.
Era semplicemente un battello per il trasporto merci con un piano dedicato ai passeggeri, per terra materassi tutti vicini e i posti numerati. Le finestre erano quasi tutte rotte o proprio inesistenti, cosi per tutte le sei ore di viaggio abbiamo patito freddo e dormito poco niente per il rumore della barca.
Ma eravamo comunque divertite dalla scomoda situazione.


To Ko Tao.

Arrivate a Ko Tao stavamo gia’ molto meglio, distrutte dal viaggio ma il posto ricompensava la fatica fatta. L’isola è bellissima, il posto giusto dove potersi riposare come si deve e se si ha il tempo fare qualche immersione ed aumentare il grado del brevetto dato il basso costo.
Avevamo preso un bungalow carinissimo per soli 200baht a notte, l’ equivalente di circa 4euro, proprio nella spiaggia migliore. Mentre io stavo riposando Viola venne a chiamarmi. Aveva visto camminando sulla spiaggia che facevano delle lezioni di joga. Pronti via per la mia prima lezione! E’ stato bellissimo, e forse l’atmosfera di quell’isola aiutava a sentire what your body and your breath feels proprio per just enjoy the moment…
Quella sera cena di pesce sulla spiaggia, drink in un localino sulla spiaggia sdraiate sui cuscinoni sulla sabbia e prima di andare a letto un bel Thai massage full body, il migliore che ho fatto nel viaggio. Ero in una capannina illuminata solo da candele, l’olio profumato, il rumore del mare e un massaggio fantastico.
Bellissimo. Sono veramente andata a dormire con il sorriso sulle labbra.


Ko Tao.

Il giorno dopo, nel primo pomeriggio, eravamo gia’ di nuovo in viaggio verso l’isola di Ko Phangan e precisamente per il Full Moon Party, il secondo beach party piu’ grande del mondo. Sapevamo gia’ da subito che non ci sarebbe piaciuto ma finchè non ci metti il naso non ci credi.
Quindi via convinte a buttarci ancora una volta in un'altra esperienza nuova e diversa. E ancora traghetto e ancora taxi e ancora spiaggia ma questa volta vista con occhi differenti, con aspettative differenti. Ko Phangan è un isola molto piu’ grande e turistica di Ko Tao famosa appunto per questa festa che si fa con la luna piena ma non solo. Per accontentare i turisti si sono inventati il Black Moon Party e Half Moon Party, c’è sempre un motivo valido per festeggiare. Hat Rin Nock, nella parte sud est dell’isola, si presentava ai nostri occhi come una bellissima spiaggia dalla sabbia bianca e finissima e davanti in mare piatto piatto e una luna piena e grande come se ne vedono poche.
Il sole era tramontato da poco e molta gente ancora stava sul bagnoasciuga o giocava a pallone. Io e Viola li abbiamo incontrato Manolo, conquilino di Viola a Syd e abbiamo cosi preso un aperitivo con lui. Aperitivo. Che parolone. In occasione della festa in spiaggia e lungo le strade del paesino vicino vendono dei vere e proprie bacinelle o secchi dove l aperitivo lo fai tu, con il grado alcolico che decidi tu visto che la parola chiave della serata è sballarsi. Quello è stato il momento migliore di tutta la serata, la gente era poca, la musica ancora non c’era, si stava benissimo. Finito l’aperitivo siamo andati a fare un giro per il paesino e poi a mangiare.




Hat Rin Nock.


Siamo riscesi in spiaggia verso mezzanotte, la spiaggia era trasformata, non era piu’ lei.
Un delirio.
C’erano 12mila persone e la musica era insopportabilmente alta e per nulla definita visto che si mescolava con la musica vicina di un genere totalmente differente. C’era l’angolo dell’infermieria, c’erano poliziotti, bancarelle un po’ ovunque per tatuaggi fluorescenti e dove vendevano un po di tutto oltre all’alcool naturalmente, indispensabile per resistere piu’ di un paio d’ore in quel casino. La droga girava piu’ o meno liberamente. I ragazzi facevano pipì nel mare… in conclusione la distruzione di una spiaggia tropicale bellissima.
Noi stavamo a guardare, girovagando.
La musica era talmente forte che siamo andati via dopo un paio di ore al massimo rifugiandoci in un bar all’interno del paesino, di li passava un sacco di gente, la maggioranza portata sulle spalle dagli amici o trascinata a peso. Ecco questo è il Full Moon Party.

Eravamo sfinite ed erano solo le tre del mattino, il nostro traghetto sarebbe partito alle sette e i nostri “bagagli” erano in un’agenzia vicino al porto. Dovevamo dormire in strada e cosi fu… di dormire neanche parlarne, solo aspettare.
Ma ogni tanto la fortuna bussava anche alla nostra porta.
Di fronte all’agenzia c’era un bar francese. Il signore aprì alle 5 e mezza e così sfinite andammo li. Era un marinaio francese, di quelli trasandati ma dal cuore d’oro, di quelli che senza mare e liberta’muore, lavorava nel bar per sostituire il suo amico andato non so dove per un periodo e si svegliava ogni giorno di buon ora per impastare le brioche. Ci parlo’ un po’ della sua vita, della sua scelta di abbandonare casa e di vivere in quel posto che piano piano stava perdendo la sua naturale bellezza per colpa del turismo di stampo purtroppo occidentale, che sta rovinando piano piano tutto il sud-est asiatico . Fu gentilissimo, ci offrì del caffè e delle brioche appena fatte e ci lascio’ addirittura fare la doccia nel bagno sul retro.
E alle sette di mattina di nuovo via…traghetto…taxi…bus…taxi…bus… ci aspettavano 13 ore di viaggio verso la Malaysia.
Lah gòrn.